Abbiamo poche fonti e ritrovamenti archeologici per quanto riguarda il periodo più antico della storia coreana. Si può comunque affermare che l’uomo fece la sua prima comparsa in Corea probabilmente circa 600.000 anni fa. L’uomo paleolitico coreano era un cacciatore e raccoglitore che viveva da nomade in gruppi o bande. Trovava asilo nelle grotte e ripari provvisori vicini all’acqua, fonte indispensabile per la sopravvivenza. Proprio nelle grotte sono stati ritrovati diversi utensili come asce, punte e raschiatoi, insieme a ossa fossilizzate di animali.
Al tardo paleolitico risalgono reperti archeologici più numerosi, in quanto è stata rivenuta una vera e propria “industria” più raffinata, che comprende lame, micro lame e le prime punte da lancio. Non meno importanti anche le pietre, usate nella caccia, simili alle odierne “bolas” sudamericane.
Mentre sul mesolitico si sa poco e niente e gli studiosi stanno tuttora discutendo se effettivamente sia esistito questo periodo in Corea, sul neolitico si hanno diversi reperti archeologici.
Grazie alla grande quantità di oggetti in ossidiana rinvenuti, possiamo capire che la lavorazione della pietra è diventata più sofisticata e matura. Ma il prodotto più caratteristico del neolitico è senz’altro la ceramica con decorazione “a pettine”, i pissalmunui togi. Si tratta perlopiù di vasi dalla bocca ampia e dal fondo appuntito, decorati con incisioni a linee oblique parallele, usati presumibilmente per conservare cibi. I ritrovamenti di vasi, ami da pesca, punteruoli, arpioni e punte di freccia, all’interno o vicino ai villaggi neolitici, composti da capanne seminterrate a forma circolare, ci fanno presupporre all’esistenza di rapporti con il Giappone, vista la somiglianza con i loro manufatti (vedi la ceramica “Jomon” del Kyushu settentrionale).
Nel tardo neolitico, probabilmente iniziano a esserci anche contatti con la Cina nord orientale e Manciuria, provati dal fatto che vi è un nuova ceramica, diversa dalla solita “a pettine”. Uno stile più rozzo, che sembra addirittura tornare indietro rispetto alle tecniche che si erano affinate col tempo. Proprio in questo periodo tardo neolitico si notano aspetti culturali diversi, tra nord e sud della Corea.
Dalla metà del I millennio a.C. inizia il periodo della grande svolta grazie soprattutto alla diffusione dell’agricoltura, che ha permesso alla popolazione di trasformarsi da nomade a contadina. Nello stesso periodo si intensificano gli scambi con i popoli vicini che permettono di conoscere nuovi prodotti, tra i più importanti ci sono il riso, che viene importato molto probabilmente, dalla Cina e il tè.
Nello stesso periodo inizia la conoscenza dei metalli (età dei metalli: bronzo e ferro). I popoli coreani approcciano direttamente dal bronzo, senza passare a quelle fasi intermedie di lavorazione del rame e stagno.
Le sepolture, inoltre, ci raccontano che era uso utilizzare monumenti funerari megalitici come i Dolmen: la Corea è definita “il regno dei Dolmen” poiché, assieme alla Corea del Nord, possiede circa il 40% di tutti i Dolmen conosciuti al mondo (Gochang, Hwasun e Ganghwa sono un raggruppamento di un centinaio di Dolmen, dichiarati patrimonio dell’UNESCO).
Nel periodo chiamato dei Tre Regni la penisola coreana è suddivisa in tre territori: Koguryŏ, fu il primo a sorgere, ma è difficile identificare una data in cui divenne un vero e proprio Stato, Paekche e Silla.
Il più grande, quello di Koguryŏ, nella sua massima espansione, arrivava a occupare tutta la parte centro/nord della Corea, fino a una parte dell’attuale Manciuria.
Nella parte meridionale, invece, troviamo i piccoli stati di Paekche a occidente e Silla a oriente.
Nonostante il lungo iniziale predominio del regno Koguryŏ, il regno di Silla, grazie alla formidabile forza della classe d’elite militare dei Hwarang e all’alleanza con la Cina, nel 668 d.C. unificò la penisola coreana per la prima volta nella sua storia facendo cadere il regno di Koguryŏ e Paekche.
Possiamo ritrovare reperti archeologi di questo periodo ad esempio a Ji’an (patrimonio UNESCO) o al tempio Hwangnyongsa (patrimonio UNESCO) a Gyeongju
La caduta dei due regni dà inizio al periodo di Silla unificato (668 – 935), definito come “uno Stato che non seppe diventare nazione”.
Una volta compiuta l’impresa di unificazione del territorio, circa la metà dei popoli che vivevano sulla penisola coreana, arrivarono tutti i problemi connessi di natura sociale e amministrativa.
Per la prima volta, il Paese aveva bisogno che il potere fosse accentrato nelle mani di un unico sovrano, che potesse governare tutto il territorio. Problema a cui la Corea non aveva mai fatto fronte prima d’ora. In più, oltre ai problemi interni, vi era la minaccia dei cinesi Tang, che avevano aiutato i Silla, nell’eroica impresa, non senza un proprio scopo. Volevano infatti avere un potere influente sulla penisola coreana. In questo periodo infatti, i Tang si stabilirono negli antichi territori di Paekche e Koguryŏ.
Un altro elemento di instabilità del Paese, oltre a quelli già presenti, fu in ambito religioso, per il conflitto tra buddismo e confucianesimo.
Tutti questi problemi, portarono ben presto a ribellioni e guerre civili comandate da Gung Ye, che fondò Taebong, e Gyeon Hwon che fondò Baekje. Questi due nuovi regni Insieme a Silla ormai in declino, sono noti come Tre Regni posteriori. Naturalmente, quando c’è in gioco il potere, le lotte non si interrompono fino a che qualcuno non riesce a sopraffare gli altri: Wang Geon (noto anche con i nomi di Taejo di Goryeo o Taejo Wang Geon) ottenne le chiavi del regno.
Nel periodo Koryŏ, il medioevo coreano (935 – 1392), il re Wang Kon Taejo, nonostante le varie difficoltà, date dalle continue lotte interne, riesce a consolidare il proprio potere grazie alle alleanze con varie famiglie tramite matrimoni combinati, riuscendo a creare un’importante catena di solidarietà reciproca e fedeltà al trono.
Getta quindi le basi di un’unificazione nazionale, chiamata “Tre regni posteriori di Corea”. Unione importantissima perché vedeva coinvolta non solo una metà di penisola come nel periodo di Silla Unificato, ma tutta la popolazione peninsulare rimanendo unito così, nonostante il susseguirsi delle dinastie e l’occupazione giapponese, fino al 1948 (anno in cui fu divisa tra nord e sud durante la Guerra Fredda). Il nome di questa meravigliosa nazione deriva dal termine “Goryeo”, che a sua volta derivava da “Goguryeo,” di cui presero eredità Wang Kon Taejo e il suo regno unificato.
Dopo la sua morte, una figura importantissima è quella del re Kwangjong, persona diplomatica e all’occorrenza, anche spietata. Questo, viene definito il periodo d’oro della Corea, con una buona tranquillità interna e sufficiente sicurezza oltre i confini; nonostante le minacce dei Khitan e Jurchen, dalla Manciuria e in seguito dei Mongoli.
Di quest’epoca possiamo osservare diverse opere, tra le più importanti ci sono le ceramiche celadon (visibili al Museo Nazionale della Corea e al Leeum, Samsung Museum of Art, entrambi a Seoul), i Tripitaka Koreana conservate nel tempio Haein e il Jikji, un libro a caratteri stampato nel 1377 (due secoli prima di Gutemberg).
La caduta della dinastia di Goryeo fu a opera di Yi Seong-gye, generale dell’esercitò che durante una spedizione per invadere il Liaoning, mise a morte il re ed i suoi eredi, usurpandone il trono e fondando Chosŏn.
Inizia così il Periodo Chosŏn, il “Rinascimento coreano” (1392 – 1910), un’epoca in cui domina in maniera preponderante il pensiero confuciano, che rivaluta il ruolo dell’uomo in un universo migliorabile attraverso lo studio e sviluppo delle scienze e lettere. Ci fu il bisogno di ricominciare da zero, delegittimando il passato a causa di un’identità culturale calpestata dai Mongoli e dagli errori delle precedenti famiglie reali.
Una totale rivoluzione, quindi, volta a togliere ogni diritto di regnare, alla casata Wang di Koryŏ, a causa della loro corruzione, malvagità e di comportamenti ritenuti non idonei al bene del Paese.
Il potere passa quindi dai Wang alla famiglia Yi, spostando la capitale da Kaesong (Hanyang) a Paekche.
Il periodo Chosŏn viene ricordato soprattutto grazie al Re Sejong, chiamato Sejong il Grande, il sovrano più amato e rispettato dai coreani nonché quello più conosciuto dagli occidentali.
In campo militare, affida al suo comandante il compito di attaccare le basi a Tsushima, isola nipponica, per sistemare l’annoso problema dell’invasione giapponese. Successivamente, riesce a consolidare i confini settentrionali del Paese, per proteggersi dalle popolazioni della Manciuria (Mongoli, Jurchen e varie popolazioni anarchiche, definite dai coreani “Yain”, ossia barbari).
Ma la fama immortale di Re Sejong è sicuramente dovuta all’invenzione dell’alfabeto nazionale, inventato nel 1443 e promulgato nel 1446, l’Hangul. (Per saperne di più puoi leggere il nostro articolo: La nascita dell’hangul.)
L’arte di questo periodo si concentra soprattutto intorno alla pittura e calligrafia. Non bisogna però trascurare la ceramica e altre forme di altissimo artigianato, come i mobili intarsiati e i vasi.
Quest’epoca di relativa pace interna e di splendore, è destinata a terminare il 22 agosto del 1910, giorno in cui viene firmato il trattato di annessione della Corea al Giappone. Iniziano così gli anni più duri e tragici per gli abitanti della penisola coreana che sotto l’occupazione nipponica vedranno perdere, piano piano, quell’indipendenza che avevano faticosamente costruito e mantenuto nei secoli.
Massimo Gaz
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