Un graphic Novel diventa lo spunto per parlare di decenni di storia, della feroce sottomissione di un popolo e della straziante condizione delle confort women. Tutto questo è Le Malerbe di Keum Suk Gendry-Kim edito da Bao Publishing.
SCHEDA INFORMATIVA:
Titolo: Le Malerbe
Autore: Keum Suk Gendry-Kim
Editore: Bao Publishing
Genere: Graphic Novel
Pagine: 487
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Costo: 13,99€ Kindle – 25,00 copertina rigida
Trama:
La fumettista coreana Keum Suk Gendry-Kim ha lavorato anni a questo racconto, basato sulla testimonianza diretta di una sopravvissuta, sul dramma delle comfort women, donne che – durante la guerra di conquista che il Giappone mosse contro Corea e Cina nei primi anni Quaranta del Ventesimo secolo – venivano vendute, rapite o costrette con l’inganno a lavorare come prostitute, violentate quotidianamente dai soldati. Questo libro è profondamente doloroso e rivanga un passato che spesso si è cercato di dimenticare o negare, ma che è importante conoscere e ricordare. Molto più che una biografia, Le malerbe è un racconto intimo e sentito, in cui anche la voce della narratrice è riconoscibile e importante, e si intreccia ai racconti, a volte comprensibilmente frammentari, di una donna che sente di non aver avuto un solo istante felice da quando è uscita dal ventre della madre, come dice lei stessa.
RECENSIONE:
Le Malerbe della fumettista coreana Keum Suk Gendry-Kim è un graphic Novel che ci racconta, attraverso tavole di disegno in bianco e nero, un pezzo della storia coreana che spesso si è cercato di nascondere o dimenticare. Quello disegnato da Keum Suk Gendry-Kim non è una ricostruzione di fantasia, ma un duro lavoro di ricerca della realtà a partire dalla testimonianza diretta di una di queste donne, ormai anziana, sopravvissuta a questo sopruso.
La disegnatrice ci parla delle confort women, quelle che, durante la guerra di conquista che il Giappone mosse alla Corea e alla Cina negli ultimi quarant’anni del ventesimo secolo, furono vendute, rapite o costrette con l’inganno a prostituirsi con i soldati.
Si tratta di un racconto a tratti duro e spietato, realizzato con un disegno che si accosta perfettamente a mostrare questo feroce dolore.
Non è un tratto stilistico che mi piace molto; abituata ai manhwa e ai manga dai tratti perfetti e armoniosi, queste tavole in bianco e nero hanno personaggi quasi cupi, scuri, dai tratti essenziali che non definirei belli in senso stretto. Ma una volta che si inizia a leggere, il disegno passa in secondo piano rispetto alla voce narrante che ci conduce in quegli anni di fame e privazione in Corea. Il disegno diventa una cornice in cui tutta quella sofferenza trova una maggior acutezza.
La protagonista di questa storia è rimasta lontana dalla sua terra, Busan, per cinquantacinque anni, eppure non ha mai dimenticato il suo nome, le sue origini, la sua famiglia, nonostante in quegli anni il governo giapponese cercasse di cancellare ogni memoria della loro vita coreana. Gli sfregi erano ripetuti e continui, dall’abbandono della propria identità coreana, alla rinuncia della propria lingua, fino a dimenticare da dove si provenisse.
La bellezza di questo racconto devastante è che non si concentra soltanto sulle confort women, ma seguiamo la vita dell’anziana Yi Okseon da quando era soltanto una bambina desiderosa di studiare e invece doveva occuparsi dei suoi fratellini piccoli e dare una mano in casa. Ci racconta di quegli anni di privazione dovuti al dominio giapponese che si impossessava di tutto il coltivato; ci racconta le atrocità di una guerra che ti mette i brividi. E sì, perché sono decenni che qui in Occidente siamo abituati a vedere il Giappone come il paradiso, quel luogo in cui si vive in perfetta armonia, e pensare ai crimini commessi da questo popolo crea una forte e inaspettata idiosincrasia. Leggere di persone seppellite vive per non sprecare proiettili, oppure di gente arsa viva, avvicina in maniera brutale i soldati giapponesi ai nazisti in Europa.
Il peggio però è lasciare che questi pezzi di storia vengano cancellati dalla memoria per sempre. Le atrocità subite da un popolo vanno ricordate come un monito futuro per non ricadere negli stessi mostruosi comportamenti.
Le vittime sono paragonate alla Malerba, l’erba che cresce sul campo, quell’erba forte che non muore mai e ricresce sempre.
Non voglio dirvi molto altro di Yi Okseon perché non voglio togliervi il gusto della scoperta, anche se in questo caso ha un sapore amaro come il fiele. La sua è stata una vita di infelicità, rinunce, privazioni. Una vita in cui per inseguire il sogno di studiare è caduta vittima di ben più atroci sofferenze. Da quando poi resta confinata all’aeroporto orientale, come confort women, assistiamo proprio al degrado umano e al perpetrare di crimini e soprusi indicibili, fatti di botte, umiliazioni, violenze. Immaginare che quelle donne hanno vissuto per anni in queste condizioni disumane ti rende ancora oggi veramente impotente.
Yi Okseon dopo cinquantacinque anni torna a casa, una Corea che non riconosce più.
Su questa terra cambia tutto così in fretta che anche la disegnatrice stessa fatica a restare al passo.
Yi Okseon cerca la sua casa, le sue origini, ma straziante è scoprire con lei che il sangue del suo sangue non vuole più avere nulla a che fare con questa donna. La sua verità, invece di avvicinarla alla famiglia, l’ha divisa irreparabilmente, frapponendo un forte senso di umiliazione.
Purtroppo situazioni di così forte impatto emotivo possono generare una chiusura tra le persone. Molti le leggono soltanto come fonte di imbarazzo e di vergogna, invece di accettare e accogliere. Meglio tacere che raccontare la verità. Per fortuna Yi Okseon ha avuto il coraggio e la forza di far sentire la sua voce e raccontare la sua vita, fatta di stenti e di violenze.
Grazie alla fumettista che ha deciso di lavorare a questa storia e alla Bao publishing che ha portato in Italia questo illuminante racconto di vita vissuta.
Fabiana Andreozzi
Credit foto: Fabiana Andreozzi